VOX, VOCIS: utilizzatori di voce nell'antichità

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VOX, VOCIS: utilizzatori di voce nell'antichità

VOX, VOCIS: utilizzatori di voce nell'antichità

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“La verità è che quest’arte è qualcosa di più difficile di quel che si crede. L’oratore infatti deve possedere molte nozioni, deve curare lo stile, deve conoscere a fondo tutte le passione la natura ha dato al genere umano, perché è nel calmare o nell’eccitare gli animi degli ascoltatori che si esprimono necessariamente tutta la forza e la bellezza dell’eloquenza. Deve essere regolato sul movimento del corpo, sui gesti, sul volto, sul timbro e sulla modulazione della voce. E che dire di quel tesoro di tutte le nozioni che è la memoria? Se questa non assiste possiamo essere certi che tutte le altre doti dell’oratore, anche magnifiche, andranno perdute”.

Lo scrisse, anzi lo disse, nientemeno che Cicerone!

Ma perché parliamo di oratori?

Perché in questo episodio raccontiamo di voce, della storia di chi la voce l’ha utilizzata per lavoro, per passione, per convincere, per raccontare appunto. La voce è uno dei primi strumenti utilizzati dall’uomo per esprimersi, per comunicare e poi anche per divertire, creare, cantare, recitare…

In tutte le epoche il “potere della voce“ si è manifestato grazie ad una serie di personaggi dalle grandi capacità oratorie o canore.  E oggi è lo stesso.

Ma perché si veniva e si viene tutt’oggi attratti dal timbro di una voce?

La voce è energia, fisica, emozione. È lo strumento più potente a disposizione dell’essere umano! Infatti ha dato non poco potere a chi la sapeva utilizzare con intelligenza e “furbizia” . Vi dicono niente aedi, oratori, bardi, cantastorie, banditori, eunuchi?

I grandi utilizzatori di voce. Proviamo a conoscerli un po' meglio, di cose da sapere ce ne sono tante.

Partiamo dall’aedo. Antica Grecia. Era il cantore professionista.

Aedo viene dal greco antico "aoidos", che deriva da àdo, cioè “cantare". Era una figura sacra, considerato un profeta che, essendo cieco, non veniva distratto da niente e da nessuno e affinando le capacità sensibili poteva entrare in contatto direttamente con la divinità che lo ispirava. Gli aedi oltre ad avere e mantenere una memoria storica dovevano conoscere “le cose che sono e quelle che saranno”. Dalla tradizione apprendiamo anche che vi erano scuole di aedi che tramandavano di generazione in generazione i propri canti; particolarmente famosa era quella degli Omeridi, nell'isola di Chio, che si vantavano di discendere dal grande Omero.

L’oratore, invece, non cantava ma parlava.

Vi ricordate Cicerone? Ve l’ho presentato all’inizio, l’oratore per eccellenza. L’ars oratoria era l'arte del parlare in pubblico in maniera appropriata, persuasiva ed elegante, con un discorso eloquente, un lògos professionale, ed era strettamente collegata alla retorica, ovvero all'arte del dire e le cui origini sono rintracciabili anche nei poemi omerici. Nell'antica Roma, dove era conosciuta con il nome di “ars dicendi” era un'abilità importante nella vita pubblica e privata. Un’arte per la quale bisogna essere bravi, avere sex-appeal per incantare e convincere gli ascoltatori. In tanti ci provarono, in pochi ci riuscirono. Marco Fabio Quintiliano scrisse la Institutio oratoria «La formazione dell’oratore» Plinio il Giovane esercitò l’oratoria forense sia in cause civili di ordinaria amministrazione (riguardanti per lo più testamenti ed eredità), sia più raramente in processi di carattere politico. Apuleio era capace di giocare con le parole, un artista della parola con il suo stile originalissimo, amava i diminutivi propri sia del linguaggio familiare, sia dei poetae novi e di Catullo.

Se vuoi fare l’oratore, a parte non essere timido, devi possedere correttezza lessicale e grammaticale, devi essere comprensibile e chiaro, elegante nell’espressione, devi avere sempre l’argomento giusto da proporre a seconda della situazione del pubblico. Tutto sommato un po' come dovrebbe essere oggi.

Andiamo avanti e conosciamo il banditore.

La sua voce doveva essere squillante potente e sempre al top perché doveva leggere ad alta voce per le strade le disposizioni delle autorità. Aveva un ruolo indispensabile, visto che non c’erano mezzi di informazione. Ma la voce serve anche a divertire, far ridere, intrattenere, un po' insomma coma faceva il giullare medievale, il progenitore di tutta la famiglia degli artisti di strada, dei giocolieri, dei saltimbanchi, di tutti quegli artisti capaci di far divertire il pubblico con il canto, la musica, la danza e la recitazione.

Ma anche i cantastorie intrattenevano narrando storie.

Giravano di castello in castello, di corte in corte e di piazza in piazza raccontando storie di vita vissuta, cronache e leggende, storie misteriose, trasformandole in patrimonio comune.

E chi raccontava di imprese e gesta epiche presso i popoli celtici? Un poeta cantore, il bardo.

Era un cantastorie professionista, un rimatore, un musicista ma anche esperto di storia e di discendenze famigliari. Veniva assunto da un mecenate o da un nobile per lodarne le gesta e le azioni e ricordare i suoi antenati. Inoltre cantava e narrava gli eroismi del clan del suo patrono. E se chi lo assumeva non gli pagava la somma pattuita? Non c’era problema, il bardo componeva una satira, e non era tanto piacevole poi farsi vedere in pubblico…

Lo sapevate che, inizialmente, i bardi formavano (insieme ai druidi e ai vati) le tre caste sacerdotali delle popolazioni celtiche? In alcune regioni erano distinguibili dagli altri due ordini per uno speciale mantello che indossavano.

Se poi facciamo un salto di parecchi secoli, fin quasi ad affacciarci all’epoca moderna, incontriamo altre figure storiche capaci di immolare se stesse sull’altare della voce. Ma proprio tutte se stesse, fino al punto di mutilarsi in modi orribili. Erano gli eunuchi. Tra il 600 e il 700 erano di gran moda. Detti anche “cantori evirati”, sapevano affascinare un pubblico che correva a teatro per godere dei loro incredibili virtuosismi vocali. Siamo nell'epoca del cosiddetto bel canto, in cui la musica si arricchiva degli abbellimenti e degli spericolati salti di ottave che questi cantanti dotati di un’estensione vocale unica riuscivano a compiere.

Alessandro Moreschi è stato l'ultimo castrato ad aver cantato nel coro della Cappella Sistina in Vaticano alla fine del 1800, inizio 900 ma soprattutto è l'unico ad aver registrato la propria voce. I castrati erano cantanti dotati di una portentosa capacità polmonare che allenavano con esercizi pazzeschi che riuscivano a fargli tenere la nota per un tempo lunghissimo. Addirittura si facevano gare, con tanto di scommesse su questa loro capacità. ll più famoso è stato l’italiano Farinelli, potete trovare la sua storia, un po’ romanzata, in un film di qualche anno fa. Questa è carina: proprio Farinelli, che adorava i duelli musicali, nel 1722 sfidò a tenere una nota altissima ad un trombettista tedesco che stava accompagnando una sua aria cantata. Il trombettista riempì i polmoni e soffiò fino allo stremo delle forze, ma Farinelli continuò ancora e ancora, finché fu messo finalmente a tacere solo dalle acclamazioni del pubblico. Alla fine del XVIII secolo i cambiamenti nel gusto musicale, e anche, diciamolo, lo sdegno che portava con sé questa pratica orribile, portarono al tramonto dei cantati castrati. L’ultimo, come abbiamo detto prima, arriva all’inizio del 900.

A proposito di voce…

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La ricetta: orzotto all'Erisimo e Salva Cremasco

Per restare in tema voce, vi ricordate dell’erisimo? Si, proprio lui l’erba del cantante.

Che ne dite se lo utilizziamo anche in questa ricetta?

Prepariamo un bel orzotto all’Erisimo e Salva Cremasco, lo conoscete questo formaggio? E’ un caposaldo della produzione casearia italiana sin dall’antichità, si parla degli anni 1000/1100.

Un nome particolare vero? Ha la sua origine dall’ esigenza di salvare il latte in eccesso così che questo latte venisse utilizzato per produrre un formaggio che si lasciava stagionare per l'anno dopo. Pronti?

Ingredienti

300 gr di orzo

100 gr di erisimo fresco (in primavera) o 40 gr di erisimo essiccato da ridurre in polvere

100 gr di Salva Cremasco

1 cipolla di Tropea

Olio extra vergine (qb)

Un bicchiere di vino bianco

Sale all’erisimo (sale grosso, erisimo essiccato, polverizzati insieme)

Glassa di aceto balsamico

Per il brodo vegetale:

1 carota

1 gambo di sedano

1 cipollotto fresco

Prima di tutto prepariamo un brodo vegetale: acqua, carota, gambo di sedano, cipollotto fresco e 10 grammi di erisimo essiccato. Lasciamo cuocere per 25 minuti.

In un tegame facciamo rosolare la cipolla di tropea, versiamo l’orzo, facciamo tostare e sfumiamo con del vino bianco.

Aggiungiamo 3 mestoli di brodo filtrato, sale all’erisimo quanto basta e lasciamo cuocere come indicato da confezione (dai 10 ai 15 minuti di solito), versando un po' di brodo all’occorrenza.

Assaggiamo l’orzo, se cotto, spegnere il fuoco, aggiungere il Salva Cremasco a pezzetti per la mantecatura.

Lasciare riposare un paio di minuti.

Servire con glassa all’aceto balsamico, un filo di olio extra vergine e una macinata di pepe, se piace.

Mi raccomando non buttate le verdure del brodo! Passatele con un Minipimer, un pizzico di sale all’erisimo, un goccio di limone e di olio extra vergine... et voilà ecco un’ottima farcitura per una bruschetta!

Buon appetito.